sabato 9 giugno 2012

fallin'inlove

Tumtumtum.
Sta cucinando. Si volta verso la porta. Una porta come tante, a prima vista. Ma è il suono che è diverso.
E' quel tum tum tum, che è diverso. Cadono i colpi sulla porta, ma cadono piano, cadenzati, come un pendolo. Blu, per quanto sono profondi. Sembra facciano eco al gesto che c'è dietro. Le uova si bruciano e la stanza diviene satura di fumo. Allora si riscuote. La porta non suona più. Meglio aprire la finestra. Far uscire il suono.

Tumtumtum.
Sta facendo le pulizie di casa. E' solo. Gli altri son fuori, e se ne approfittano. Si volta verso la porta. Una porta come tante, a prima vista. Ma è il suono che è diverso. Quel tum tum tum come un ritmo che assomiglia alla salsa, rosso, vivo, coinvolgente. Sembra facciano da apripista al movimento che c'è dietro. La candeggina infastidisce l'olfatto, muove il muso come un gatto. La porta non balla più. Meglio aprire la finestra. Far uscire quella strana frenesia.

TUMTUMTUM
Ancora.
 Ancora.
Chiudono i libri. Che scocciatore, pensano. Non si disturba un lettore serio! Chi decide cosa sia precisamente un lettore serio, nessuno lo sa. Ma ognuno di loro ha una propria idea.
Un passo, un tum.
Respirano davanti al legno. Le mani si allungano sulle rispettive maniglie.
Quella di lei si ferma. Apre le dita, con le unghie graffia la porta. Cadono le unghie, gracchiando un suono.
Anche quella di lui si ferma, forse nello stesso istante, forse un po' prima. Apre la mano e per intero, aderisce al legno.
Stanno così per un po'. Respirano. Semplicemente.
Si voltano verso le rispettive finestre.
Se apro, pensano, uscirà di nuovo tutto e sarà silenzio. Ma si chiedono, compreso il narratore, è davvero questo quello che voglio?
Pensano. Pensano tanto tutti e due. Pensano troppo, che i meccanismi del cervello rischiano di coprire quello del tum tum tum.
Lei continua a graffiare. Lui continua a passare con lentezza il palmo, su e giù.
Respirano, più piano.
Prendono il ritmo. Tum Tum Tum Tum.
E' come una parola che segue ad un'altra, ma non proprio in una frase, è più come accade nelle poesie, che vivono sulle proprie musiche e poi, boh, poi si incontrano. Si incrociano.
Allungano ancora le mani.
Le maniglie sono fredde.
Inspiro e tiro, pensano.
E lo fanno.
Ma non succede niente. La porta non si apre.
Non si accorgono di tirare la stessa maniglia.
E niente si muove.
Uno dei due dovrebbe lasciare andare un po', così la forza dell'altro riuscirebbe ad aprire.
Ma non lasciano. Non mollano.
Convinti che quella porta non si aprirà mai, lasciano entrambi.
Fanno un passo indietro.
Fissano la porta.
Non c'era nessuno, pensano. Non sento alcun suono.
A quel punto, la porta vibra. Da sola. Vibra. Nessuno la tocca.
Com'è possibile?!
Sono spaventati. Ma rimangono lì, a sentire la porta che vibra.
TUMTUMTUM
Come si apre questa stramaledetta porta?!, pensano.
Se parlassero, anziché stare in silenzio, riuscirebbero ad aprire. Basterebbe "C'è qualcuno?"
Grazie al cielo abbiamo a che fare con protagonisti intelligenti, oltre che tremendamente cocciuti.
E si sentono. Si sentono davvero.
Oh, meno male, credevo di impazzire.
Si riavvicinano. La maniglia ha cambiato forma. C'è come una rientranza. Infilano le dita, basta un movimento leggero e la porta, scorre via. Cade dentro la parete, veloce, rivelando i loro volti, le braccia, le gambe, le mani, gli occhi, la bocca.
Tutto cade dentro uno sguardo che era suono, ma che suono non poteva bastare.