E poi stavo lì perché non c'era altro posto in cui stare. Non
nel senso che non sapevo dove andare, lo sapevo, solo che pensai che
lo avrei trovato in qualsiasi posto, quindi tanto valeva rimanere
proprio lì, di fronte a scatole e scaffali. Vuoti. Tutto era un
vuoto intorno a me. I traslochi della vita in milioni di
oggetti, oggetti parlanti. Lo scoprii esattamente in quel momento che
tutti quei vuoti in realtà erano pienezze. Tutti quei vuoti di
spazio erano pieni di silenzio. Quel silenzio che ti cade addosso,
sulle spalle, che certe volte è più pesante di qualsiasi peso. Quel
silenzio che parla così forte, che ti racconta tutte le vite di
tutte quelle persone che hanno posato le dita su quegli scaffali per
sistemare libri, chincaglierie. Quei cassetti, che sono state case di
diari segreti, scontrini parlanti, penne senza cappuccio che
l'inchiostro delle parole si era seccato.
Tutto parlava intorno a me. Tutto il silenzio cantava di mille
vite, mille storie, baci, sesso, amore, odio e omicidio.
Tutto gridava talmente forte che misi le mani sulle orecchie. Non
me ne accorsi subito. Ma lo feci per proteggermi dal silenzio.
Impiccione, si era messo a fare domande scomode, indiscrete. Indagava
dentro il mio vuoto che era pieno di confusione.
Avrei dovuto saperlo che solo la carne non avrebbe mai potuto
impedire al silenzio di trovare casa dentro di me. Come un'amante che
si fa strada, piano, esperto. Il silenzio entrò perché non aveva
altro luogo in cui traslocare. Non era più innamorato di scaffali e
scatole. Era innamorato di me.
Lo lasciai entrare perché sapevo che, in fondo, era quello che
desideravo, era ciò che avevo atteso da sempre.
E lo sapeva anche lui. Loro. Aveva due facce. O forse di più.
Erano bravi a confondere le acque, le vite, le storie. Era giovane e antico.
Erano entrambi espressione del tempo, amici, fratelli. Entrambi innamorati di me.
Fatti di silenzio e parole. Mute. Poesie di silenzio.
Lessi prima uno e poi l'altro, o furono loro a leggere dentro di
me (questo non lo saprò mai), e fu amore. Attrazione. Il silenzio, i
silenzi, le parole in rima, echi dalle montagne, riflussi di onde
marine, principi e re, tutti saltinbanchi e ubriachi. Silenzi. Vite.
Loro due. Un unico silenzio.
Guardai ancora bene, ora vedevo solo la polvere.
Chi sei davvero? Pensai.
E il silenzio, dentro di me, intonò il suo canto a due voci:
"chiedilo alla polvere, poi, scrollatela di dosso. Sei piena di
noi, adesso."
Divenni scrittrice. Di silenzi che sembravano parole, di parole
mute che avevano tanta voglia di gridare. Una confusione isterica che
si andava ordinando in segni di inchiostro. Ero divenuta come quelle
scatole, piena e completa. Capii che avevo atteso solo che qualcuno
mi scartasse, frugasse dentro e trovasse me. Per sempre.
si ringrazia Matisse.
proprio un bel pensiero pieno di immagini vive :)
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