E ci troviamo intasati da
paure e sofferenze, stantie, non se ne vogliono andare. Si accumulano in un
tempo paziente. Siamo incauti a pensare di poter continuare così, senza
occuparci della manutenzione delle docce, dei rubinetti, delle fontane nelle
nostre vite. Si arriva ad un punto che quasi ci si allaga dentro e le paure
arrivano prepotenti fino agli occhi. Uno li può anche chiudere per non farle
uscire, ma quelle escono lo stesso, solcano i nostri visi come sorgenti pulite,
ma sono sempre le vecchie ferite che sanguinano. Allora ho cercato bene come si
fa a svuotare tutto quanto, nei manuali,
nei dizionari: SGORGARE. Ho fatto pressione sul mio petto con una mano e poi ho
fatto lo stesso sul tuo cuore. Ho premuto comprimendo tutta l’aria che c’era
tra di noi, quella della distanza che si affanna; e in quel gesto doloroso, ho
trattenuto me e te insieme. Ho rilasciato. Mi hai guardato e non c’erano più lacrime,
il veleno sgorgava dalle ferite, usciva e si allontanava da noi, come scorre l’acqua
dalla sorgente e se ne va per una strada nuova.
E con un colpo di cuore,
il più forte, ha cominciato ad espandersi amore. Solo quello.
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