Che siamo precipizi di silenzi dentro vasi vuoti.
Prendi questo, adesso, tienilo tra le mani, sono piume di
silenzio leggero ora.
Sono parole che sanno di zucchero, che basta metterlo in
bocca per scioglierselo dentro.
E sciogliamo tutte le parole dentro le nostre bocche, e le
leghiamo a mille silenzi.
Ed essi viaggiano, corrono, a volte stanno in punta di
piedi, delicati, timorosi, si affacciano dalla finestra dei nostri occhi e lì
raccontano storie, mille storie che non ci diremo mai, che le parole non
basterebbero. E che ci cadono fuori come lacrime che non riusciamo a trattenere
dentro. È tutto. Troppo. E’ tutto. Insieme.
E allora chiuderemo le palpebre e fisseremo tutte le
lettere, anche quelle che ancora non hanno forma.
Tutto quello che esiste lo si può toccare ma quello che
ancora non esiste, lo si può sperare.
E noi facciamo anche questo. Noi tessiamo trame di tutte le
parole che non esistono su questa terra.
E sono in parte silenzi, in parte linguaggi di alieni
lontani. E quegli alieni siamo noi che stiamo nel mondo in punta di piedi, per
non disturbare, ci rifugiamo negli angoli, negli infissi delle porte e in fondo
ai lavelli delle cucine per gorgogliare silenzi carichi di tristezza o gioia, o
pianto.
Lo senti tutto questo respirare delle tende? Lo senti il
nostro fiato che si confonde nel vento, che non spreca il nostro ansimare?
E le vedi tutte le ombre sul soffitto? Che sono anche quelle
lettere nostre, parole di luce nella notte delle nostre esistenze.
Che siamo vertigini di parole tremanti su tavole di legno
antico.
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