E allora faccio così, tengo i tuoi occhi nel giubbotto, ma
non ti spaventare, non c’è da aver paura sai? Io li tengo che tengo il tuo
sguardo così quando proprio non ci capisco più niente e niente capisce più
me, io ti tiro fuori e ti metto nelle
mani e poi apro bene i palmi e faccio un rituale: unisco i piedi come la
bambina di Oz ma non vado da nessuna parte, irrigidisco le gambe come il busto
di un lampione intermittente, apro le braccia stanche, ma bene bene, ma tengo
le mani a conca non vorrei mai che i tuoi occhi cascassero da qualche parte e
io poi magari li schiacciassi anche, sbadata come sono. Poi faccio qualche
giravolta, un poco lenta all’inizio, poi da far venire una nausea fortissima. In
pratica giro fino a che mi sento la dinamo di una bici e allora in qualche modo
mi brucia la pancia e indovina? Dai indovina! Non indovini. Sono i tuoi occhi
che brillano piano piano, come le lampadine a risparmio energetico. Che poi
sono quelle che illuminano di più la notte e che si tengono sempre in casa. O nelle
tasche. Quando fuori dentro o intorno è buio pesto pesto. C’è da aspettare solo
che brillino più forte. E passami la scala che il lampadario è in alto, ma
tienimi forte, che ho paura di cadere.
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